Martedì del Vescovo Avvento 2018

Primo appuntamento con il Martedì del Vescovo di avvento 2018 nella chiesa di Sant’Antonio in Cittadella, martedì 4 dicembre. Un cammino in preparazione al Natale chiamato “Walkin progress #synod.MO”, per esprimere i diversi tempi che la nostra diocesi e la Chiesa sta affrontando. «Lingue differenti – ha spiegato il direttore del Servizio di Pastorale Giovanile don Stefano Violi – per esprimere un cammino comune, quello del sinodo e di una Chiesa che vuole essere giovane come quel Gesù che si appresta a nascere di nuovo e che è eterno presente». Il primo martedì è affidato al Vescovo Erio e a una riflessione profonda e di difficile soluzione: com’era Gesù da giovane? «L’unico episodio presente nei Vangeli – ha spiegato il Vescovo – è quello di Gesù fra i dottori del Tempio. Un episodio che potremmo velocemente catalogare come una ribellione adolescenziale ma non è così: Gesù manifesta il desiderio di autonomia ma è anche disponibile all’obbedienza, visto che troviamo scritto che stava sottomesso ai genitori. Molti artisti hanno provato a rappresentare quella scena e spesso ne esce l’immagine di un Gesù “saputello”, un bimbo-prodigio. Ma il verbo utilizzato nei Vangeli ci fa capire che Gesù era piuttosto un ragazzo desideroso di conoscere e di confrontarsi. Dopo quell’episodio – ha continuato don Erio – non sappiamo più niente. Soltanto che cresceva in sapienza, età e grazia, cioè nella mente, nel corpo e nello spirito». E allora, cosa ha fatto Gesù dalla nascita ai 30 anni? «È cresciuto con gli altri bambini – ha continuato don Erio –, ha giocato, ha imparato a leggere e scrivere, ha frequentato la sinagoga, ha aiutato il padre e possiamo immaginare lo abbia assistito nella malattia. Ha passato infanzia e giovinezza a conoscere l’uomo. Credo che l’incisività nella predicazione di Gesù, la sua attenzione per i piccoli e gli ultimi, la sua capacità di utilizzare metafore umili per esprimere i concetti più grandi non derivino solo dalla sua natura divina ma soprattutto da quegli anni di esperienze. Stando con Maria, Gesù ha imparato ad ascoltare la vita in modo profondo, a fare tesoro di ogni esperienza, meditandola nel suo cuore».

Seconda tappa nel cammino di Vescovo e giovani modenesi verso il Natale 2018. Martedì 11 dicembre, presso la chiesa di San Giovanni Bosco, ospite d’onore è stato Padre Jean Paul Hernandez, gesuita originario della Svizzera e da anni n Italia dove ha vissuto tra Bologna, Roma e Napoli. Al centro della serata la parola di Dio nel cuore dei giovani: l’arte del discernimento fra l’esperienza vocazionale di ogni persona e il sinodo sui giovani, a cui Padre Hernandez ha partecipato come esperto, in appoggio ai Vescovi e cardinali presenti.
《La Parola del Signore – ha spiegato Padre Jean Paul nel suo intervento, costruito a partire dalla chiamata di Dio nel libro di Geremia – è una parola performativa, riesce cioè a realizzarsi immediatamente, a creare ciò che non esiste. In tutta la Bibbia è così. C’è solamente un’eccezione: il cuore dell’uomo. È l’unico spazio di tutta la creazione in cui la Parola si ferma e chiede il permesso per potere andare avanti. Dio chiede la tua collaborazione per portare avanti la sua creazione e allora la vocazione è collaborare con Dio, dire l’ultima parola della creazione》.
Proprio il discernimento vocazionale è stato al centro della riflessione nel sinodo delle settimane scorse. 《La cosa che maggiormante mi ha colpito del sinodo – ha confidato Padre Jean Paul – è stato vedere come vescovi e cardinali abbiano nel cuore le stesse nostre paure, forse gli stessi nostri dubbi . Mi ha colpito l’umiltà di molti grandi personaggi e la loro docilità a cambiare rotta. I primi giorni erano tutti impegnati nel proporre soluzioni, nel dire cosa era necessario fare per una pastorale giovanile efficace. Tutte ricette interessanti. Poi però nella preghiera e nella condivisione hanno capito che il punto centrale era un altro: forse non è una questione di marketing o di mercato, forse il Signore ci invita semplicemente alla conversione nostra e delle nostre comunità, a una radicalità diversa. Forse dobbiamo cambiare il nostro modo di essere comunità, diventare davvero innamorati e appassionati di Cristo》.
Ma la grande storia della Chiesa si realizza nella vocazione di ogni cristiano. E proprio lì Padre Jean Paul ha concentrato la sua attenzione. 《Il cammino vocazionale parte dai tre verbi usati in questo episodio da Geremia. Gesù ti conosce, cioè ti ama così come sei, a partire dalle tue miserie. Gesù ti consacra perchè ti sceglie, ha con te una relazione personale, non ama tutti “in generale” ma si ricorda il nome di ciascuno. Infine Gesù ti stabilisce profeta delle nazioni perché ti rende stabile nella tua identità, soolo il Signore sa dirti chi sei. E lo fa rendendoti profeta, portatore di una parola necessaria per il mondo, anche per chi non è nella Chiesa. Ognuno di noi ha una parola da dire che è solo sua e Dio ha già messo quello parola nel nostro cuore. E noi abbiamo sempre paura, ci sentiamo inadeguati》.
E, in questo senso, è fondamentale saper riconoscere la voce che parla dentro di noi. 《Esiste una voce, quella dell ‘accusatore, che ti dice “fai ridere, non sei capace di fare niente, fai schifo”. È una voce che ti blocca, che parte sempre da qualcosa di vero per impedirti di realizzare la parola che è in te. Poi c’è invece una voce, quella del Signore, che a partire dai tuoi limiti costruisce la tua vocazione. La vocazione non viene dai tuoi pregi o dai tuoi titoli, ma dalle tue ferite. La vocazione è la trasfigurazione delle nostre ferite, dei nostri peccati, del peggio di noi. Dobbiamo imparare a riconoscere chi ci sta parlando: sarà la voce dello Spirito Santo a realizzare in noi quella promessa》.