Beato chi decide nel suo cuore il Santo Viaggio. (Salmo 83)
È questo il titolo che ci accompagna nel percorso dei martedì di Quaresima, le cui parole erano molto care al nostro Vescovo Antonio, che in questi giorni sentiamo vicino, a un anno dalla sua salita in Cielo.
Martedì 16 febbraio presso la Chiesa di Sant’Antonio in Cittadella, ci siamo addentrati in questo tempo di preparazione alla Pasqua sempre guidati dal Vescovo Erio in un cammino fatto di sguardi, meditando il miracolo del cieco di Gerico, narrato nel Vangelo di Luca.
In questo episodio l’argomento di fondo è quello dello sguardo e del rapporto tra cecità e vista.
Pensiamo a quanto sono importanti nella nostra vita gli sguardi: gli occhi sono le porte dell’anima e attraverso di essi riusciamo a comunicare, a metterci in relazione con gli altri, esprimendo sentimenti, emozioni, stati d’animo. Nel racconto del cieco nato possiamo individuare diversi tipi di “sguardi”.
Innanzitutto quello della folla, che guarda il cieco come un peccatore da emarginare: la cecità era considerata un peccato e dunque quel povero non era degno di avvicinarsi a Gesù e di avere la sua attenzione.
Ma in realtà i veri ciechi sono proprio gli uomini e le donne della folla, chiusi nei loro pregiudizi e nel tentativo di proteggere Gesù dalle grida di quell’uomo bisognoso:
non c’è violenza peggiore di quella procurata da chi pensa di proteggere il Signore dal grido del povero, perché ritiene che il povero non deve importunare Dio con le sue domande, le sue richieste.È uno sguardo miope quello di chi pensa che Dio vada guardato, senza guardare le necessità degli altri.
Però Gesù trasforma il loro modo di guardare: di fronte alla guarigione del cieco, la folla si stupisce e rende lode a Dio.
Se impariamo a guardare gli altri con gli occhi di Dio, guariamo il nostro modo di vedere e impariamo a essere più liberi e più sereni.
Un secondo sguardo è quello di Gesù, non condizionato dal giudizio della folla: non ha paura di guardare il cieco e non fugge di fronte al suo grido, ma anzi pone i suoi occhi misericordiosi su di lui. E così fa anche con noi.
Il Signore ci guarda sempre, anche quando siamo distratti, anche quando brancoliamo nel buio e siamo incapaci di vedere, e quando non possiamo contraccambiare il suo sguardo.
Prima di guarire il cieco, Gesù cerca un contatto umano con lui attraverso il dialogo: in questo atteggiamento possiamo notare una grande delicatezza del Signore, che comunica attraverso la voce, la parola, l’unico strumento con cui il cieco poteva esprimersi veramente.
Un altro sguardo è proprio quello del cieco.
Non ha la vista, ma riesce a vedere più chiaramente con gli occhi della fede, che è il contrario della cecità, è la luce dell’anima. Gesù ridona la vista al cieco dopo aver visto dentro di lui un raggio di luce.
Ed è proprio la fede che lo salva, che gli permette di guarire veramente. Non si lamenta della sua condizione, non ha pretese, ma si manifesta bisognoso del Signore nel suo grido “Abbi pietà di me”, che dimostra la sua profonda umiltà.
L’umiltà è la spina dorsale della fede e l’umile è colui che non si appoggia sulle proprie qualità e sulle proprie forze, ma si affida totalmente al Signore.
Il cieco ha riposto fiducia in Gesù e proprio grazie a questo abbandono “scopre nel suo cuore le sue vie”, dando un senso alla sua vita.
La guarigione gli dona una nuova spinta, non compiacendosi della guarigione come un traguardo, ma rimettendosi sulla strada, sicuro che l’unico traguardo lo troverà seguendo Gesù.
L’ultimo sguardo su cui il Vescovo ci ha invitato a soffermarci e che raccoglie gli altri tre sguardi, è quello di San Massimiliano Kolbe, il cui vissuto riflette bene l’opera di misericordia “consolare gli afflitti”. Sacrificò la sua vita per salvare dalla morte un padre di famiglia, in campo di concentramento.
Ha consolato gli afflitti, altri uomini che vivevano la sua stessa condizione, ritrovando la forza non in se stesso, ma nella preghiera e nella pratica dell’amore.
Attraverso la sua testimonianza, comprendiamo più in profondità come la fede sia un recupero della vista, che ci aiuta ad avere uno sguardo diverso sulla realtà e sugli altri, di lodare il Signore e di seguirlo sulla strada anche quando questa non è un comodo sentiero in discesa, ma un ripido tracciato in salita.
L’odio non serve a nulla. Solo l’amore crea.
– Agnese Uccellari
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