Erano 110 i ragazzi partecipanti alla tre giorni giovanissimi di Gaiato, provenienti da ben 17 parrocchie della nostra diocesi.
Tanti giovani quindi diversi per provenienza, ma raccolti attorno al Vescovo Erio in una delle età più difficili nel percorso di fede, quella che va dai 13 ai 18 anni. E l’impostazione è stata non a caso quella del dialogo, alla scoperta del vero significato dell’amore cristiano, non un sentimento tra le nuvole ma un “tesoro in cielo”, tanto per citare il titolo della tre giorni.
Punto di partenza è stato proprio il discorso fatto da Papa Francesco nel corso del giubileo dei giovani: «Il vero amico di Gesù – aveva spiegato il pontefice il 24 aprile in piazza San Pietro – si distingue essenzialmente per l’amore concreto: non l’amore “nelle nuvole”, no, l’amore concreto che risplende nella sua vita. L’amore è sempre concreto. Chi non è concreto e parla dell’amore fa una telenovela, un teleromanzo».
A guidare le riflessioni il vescovo Erio Castellucci, sempre più compagno di viaggio e ispiratore della pastorale giovanile diocesana.
«Per entrare nell’ottica dell’amore cristiano – ha spiegato don Erio, accogliendo i giovani – è necessaria una parola chiave: progetto. L’amore non è un gettarsi, guidati dal solo sentimento, ma richiede il progettarsi».
Il vescovo ha quindi distinto quattro tipi di amore per gli altri: «Il primo è quello della famiglia, sia essa stabile e felice o ferita e sgangherata. La famiglia è la prima esperienza che facciamo di amore. Poi c’è l’amore verso i nostri amici e quello in un rapporto di coppia. Infine l’amore per i nostri nemici, qualcosa di cui parla per la prima volta Gesù e che ci fa capire che amore non è solo un sentimento di attrazione, ma va molto più in profondità».
Quindi don Castellucci ha paragonato l’amore a una navigazione, elencando i sette pericoli che il nostro galeone può incontrare, con i rispettivi rimedi. Si va dai pirati (tutte quelle violenze esteriori o interiori che vogliono farci perdere la rotta) alle tempeste (simbolo delle grandi delusioni e sofferenze che inevitabilmente si incontrano), dall’ammutinamento (il rischio di diventare cinici e chiudere il nostro cuore) alla stessa fragilità dell’imbarcazione, dalle manovre azzardate alle rotte sbagliate, fino al mal di mare (il pericolo di lasciarsi cullare dalle idee più diffuse e banali).
Tra i vari antidoti, don Erio ne ha sottolineati tre: la preghiera, il gruppo giovanile parrocchiale e la direzione spirituale. «Dovendo fare una sintesi – ha concluso il vescovo – della parola amore, penso a Madre Teresa. Lei amava gli ultimi fra gli ultimi, quelli che tutti rifiutavano. E ci fa capire che è necessario spoetizzare l’amore, togliere le eccessive carinerie, per capire che esso non è solo sentimento, ma soprattutto volontà di donarsi».
La tre giorni è proseguita con i giochi, la veglia sotto le stelle di venerdì sera e la caccia al tesoro di sabato mattina.
Poi la camminata verso Monteobizzo dove, in serata, si sono ritrovati molti dei pellegrini reduci da Cracovia. Ma prima, nella chiesa pavullese di San Bartolomeo, i ragazzi hanno portato i loro quesiti sull’amore al vescovo, frutto delle riflessioni e dei lavori di gruppo. Meno di un’ora in cui don Erio ha risposto a domande molto diverse e per niente banali che spaziavano dalle questioni più alte e difficili a quelle più concrete.
La tre giorni si è conclusa con la Messa di domenica.
E non poteva essere dimenticata Madre Teresa, nel giorno della sua canonizzazione. «Madre Teresa – ha spiegato don Stefano nella sua omelia – era una donna davvero bellissima perché piena d’amore.
Negli anni ha capito che per amare davvero è necessario decidere e lasciare, che l’unica sorgente che avrebbe dissetato il suo cuore era dentro la sete di Dio, che amare vuol dire attendere e che tu devi essere la risposta alla sete degli altri, altrimenti sarai sempre infelice.
Ha visto la persona di Gesù negli ultimi.
Quando, ormai anziana, un giornalista le chiese qual è stato il giorno più bello della tua vita rispose “È oggi, perché posso ancora riempirlo d’amore“».