“CIÒ CHE CONTA NON SI CONTA” – Testimonianza della Presentazione della Seconda Parte dell’anno di Pastorale Giovanile

I numeri nei Vangeli sono sempre interessanti, perché Gesù crea delle proporzioni – o in questo caso delle sproporzioni – che sconvolgono il nostro continuo desiderio di quantificare. Noi abbiamo questa tentazione come educatori, che è quella di contarci. Certo il numero qualcosa vale, è un indicatore, ma non deve essere decisivo. Il numero deve essere una molla per la missione.

Così il Vescovo Erio, commentando il Vangelo di Luca 15, meglio conosciuto come la parabola della pecora smarrita, ha introdotto la serata di presentazione della seconda parte dell’anno di Pastorale Giovanile, che giovedì 14 gennaio ha visto la presenza di più di un centinaio di educatori presso il Centro Famiglia di Nazaret.

Prima della presentazione dei diversi appuntamenti che in questo 2016 accompagneranno i giovani nel cammino verso Cracovia e desiderano porsi in continuità con il Giubileo della Misericordia indetto da Papa Francesco, il Vescovo Erio ha lanciato a tutti gli educatori presenti un invito: imparare a leggere i numeri non tanto nell’ottica del successo, quanto in quella dell’amore.

Certo quello insegnato da Gesù è un amore che talvolta è destinato a fallire – d’altronde, come ha ricordato il Vescovo nella sua riflessione, non senza una certa ironia, anche gli apostoli erano dodici, ma sotto la croce ne rimase soltanto uno – ma è un amore che ad ogni passo rivela che “i momenti più significativi per la Chiesa sono quelli in cui essa non confida sul numero, su ciò che si vede, su ciò che si conta, ma sulla profondità.”

Sono tante le tentazioni da vincere e certo a volte l’essere educatori diviene faticoso, un peso con cui non è sempre facile fare i conti, ma anche in questo Gesù ci viene in aiuto e ci ricorda che il suo è un carico leggero e che la gioia vera non è mai legata ad un singolo individuo, ma trova vita solo in un “noi”, un noi che talvolta chiede anche di caricarsi un altro sulle spalle.

La gioia più bella di un educatore”, prosegue nella sua riflessione il Vescovo, “non è convertire chissà chi, ma ritrovare qualcuno. C’è sempre una pecora perduta dentro di noi. L’arte dell’educatore è quella di recuperare questa pecora perduta che c’è in ciascuno.

Un vero e proprio invito ad andare controcorrente insomma, quello che ha lanciato ai giovani presenti.

In una realtà in cui quello che conta davvero è l’apparenza, dunque riesce bene solo ciò che si presenta bene, il Vescovo Erio ribadisce con forza l’invito ad andare al cuore delle cose, a curare il contenuto di ciò che si fa, nella certezza che “se si fanno delle cose belle pian piano queste contagiano.”